Ordinanza n. 390 del 2005

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ORDINANZA N. 390

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Piero Alberto             CAPOTOSTI                                     Presidente

-  Fernanda                   CONTRI                                               Giudice

-  Guido                        NEPPI MODONA                                    “

-  Annibale                    MARINI                                                    “

-  Franco                       BILE                                                          “

-  Giovanni Maria         FLICK                                                      “

-  Francesco                  AMIRANTE                                             “

-  Ugo                           DE SIERVO                                             “

-  Romano                     VACCARELLA                                       “

-  Paolo                          MADDALENA                                        “

-  Alfio                          FINOCCHIARO                                      “

-  Alfonso                     QUARANTA                                            “

-  Franco                       GALLO                                                     “

-  Luigi                           MAZZELLA                                             “

-  Gaetano                      SILVESTRI                                              “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto); dell’art. 43 del d.P.R. 26 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi); dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’art. 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337), e dell’art. 25 del medesimo d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46 e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), promosso con ordinanza dell’8 febbraio 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta sul ricorso proposto dalla Ditta Cecere Ferdinando contro l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Caserta ed altra, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2005.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

  Ritenuto che con ordinanza dell’8 febbraio 2005, pronunciata nel corso di un processo tributario, intrapreso dalla ditta Cecere Ferdinando, per ottenere l’annullamento di una cartella esattoriale emessa dalla ESABAN S.p.A. – Concessionario governativo del Servizio nazionale di riscossione per la Provincia di Caserta – e notificata il 17 febbraio 2004 per la riscossione del complessivo carico di euro 30.641,99 a titolo di IRAP, IRPEF, Ritenuta alla fonte, Imposta sul valore aggiunto, interessi e sanzioni, richiesti – relativamente all’anno 1999, per conto dell’Agenzia delle Entrate di Caserta –, la Commissione tributaria provinciale di Caserta, Sezione 18, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per asserito contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, degli articoli 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto); 43 del d.P.R. 26 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi); 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) e, infine, 25 del medesimo d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione);

  che, in punto di fatto, il giudice a quo – riferito che il ricorrente ha eccepito la illegittimità costituzionale dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nel testo risultante dalla modifica operata dall’art. 6 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), applicabile anche all’IVA, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede alcun termine decadenziale per la notifica al contribuente del ruolo ovvero della cartella esattoriale – osserva che l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, a seguito della modifica apportata con d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193, non prevede più alcun termine per effettuare la notifica della cartella di pagamento, con ciò non apprestando più alcuna tutela per il contribuente, che rimarrebbe esposto al debito fiscale per un periodo indefinito;

  che, a giudizio del rimettente, anche l’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973 (come modificato, con decorrenza dal 1° luglio 1999, dall’art. 6 del d.lgs. n. 46 del 1999), mentre stabilisce che la riscossione sia effettuata mediante ruoli resi esecutivi a pena di decadenza entro termini certi, non prevede invece alcun termine per la notifica al contribuente della cartella esattoriale, con conseguente violazione degli articoli 3 e 24 Cost.;

  che è intervenuto, con la rappresentanza dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri il quale ha concluso per la declaratoria di manifesta inammissibilità o, comunque, di manifesta infondatezza della questione;

  che, quanto alla inammissibilità, questa sarebbe manifesta in quanto il giudice a quo: a) non specificando il titolo della pretesa, non avrebbe compiutamente descritto la fattispecie sub judice; b) non avrebbe fornito una congrua motivazione sulla rilevanza della questione; c) avrebbe censurato disposizioni varie e non ben determinate; d) operando un sintetico richiamo agli artt. 3 e 24 Cost., non avrebbe adeguatamente esplicitato i profili di illegittimità costituzionale; e) non avrebbe assolto al doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione adeguatrice del testo di legge denunciato, non tenendo, ad esempio, in alcun conto quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui non esiste copertura costituzionale per un diritto o interesse a che ogni attività impositiva sia esercitata a pena di decadenza entro un determinato arco di tempo e, più in generale, a che i termini previsti per il compimento delle attività dell’Amministrazione abbiano tutti carattere perentorio; f) avrebbe invocato una pronuncia additiva la quale, costituendo il frutto di una valutazione discrezionale, potrebbe conseguire esclusivamente da scelte del legislatore;

  che, nel merito, l’Avvocatura osserva che, secondo il «diritto vivente», quale fissato dalla Corte di cassazione a sezioni unite nella sentenza 12 novembre 2004, n. 21498, la notificazione della cartella esattoriale entro un termine certo è necessaria solo ove l’iscrizione a ruolo costituisca l’atto con cui, per la prima volta, la pretesa ad una maggiore imposta viene resa nota al contribuente, il quale, fino ad allora, ignorava la pretesa dell’amministrazione nei suoi confronti;

  che, a tal fine, le Sezioni unite avrebbero distinto tra iscrizioni a ruolo conseguenti a «rettifica cartolare o formale» (oggi prevista dall’art. 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973) ed iscrizioni a ruolo scaturenti da «controllo formale» (nei casi previsti dall’art. 36-bis), affermando che, solo in relazione alle prime il contribuente avrebbe diritto alla notificazione della cartella esattoriale entro un termine perentorio, da identificarsi con quello generale di notificazione degli avvisi di accertamento stabilito dall’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre, per le seconde, sarebbe sufficiente che, entro il termine di cui all’art. 17 del d.P.R. n. 602 del 1973, intervengano la pubblicazione e l’esecutorietà dei ruoli e non anche la notificazione della cartella esattoriale;

  che la difesa erariale, quanto alla questione implicitamente posta dal rimettente circa il diritto alla notifica della cartella in un termine perentorio, sottolinea infine che, con la sentenza sopra citata, le sezioni unite hanno individuato tale termine non nell’art. 25 cit. bensì nell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e per il solo caso in cui l’iscrizione a ruolo manifesti una pretesa impositiva fondata su una rettifica di quanto dichiarato dal contribuente; ragion per cui, in tal caso, dovrebbe essere confermato l’insegnamento, precedente l’ordinanza della Corte costituzionale n. 107 del 2003, secondo cui il termine a suo tempo stabilito dall’art. 25 cit. non era perentorio, come dimostrerebbe il nuovo testo dell’art. 25, risultante dalla modifica operata dall’art. 1, comma 417, lettera c), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), nel quale, con effetto innovativo, è stato inserito, «a pena di decadenza», il termine del dodicesimo mese successivo a quello di consegna della cartella.

  Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Caserta dubita, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), dell’art. 43 del d.P.R. 26 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell’articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) e dell’art. 25 del medesimo d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), nella parte in cui non prevedono un termine decadenziale per la notifica al contribuente della cartella esattoriale;

  che l’ordinanza di rimessione difetta della descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, neppure specificando da che tipo di liquidazione o accertamento origina la pretesa tributaria, ed è del tutto carente di motivazione in ordine alla rilevanza della questione;

  che tali «omissioni, impedendo alla Corte di svolgere la necessaria verifica circa l’incidenza della richiesta pronuncia sulla situazione soggettiva fatta valere in giudizio» (v., ex multis, ordinanza n. 235 del 2003), impongono una dichiarazione di manifesta inammissibilità della questione, non consentendo a questa Corte neanche di verificare se la rilevanza della questione nel giudizio a quo è incisa dalla sopravvenuta sentenza n. 280 del 2005 di questa Corte e dall’art. 1 del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106 (Disposizioni urgenti in materia di entrate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 31 luglio 2005, n. 156.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), dell’art. 43 del d.P.R. 26 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), dell’art. 17 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come modificato dall’art. 6 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) e dell’art. 25 del medesimo d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46 e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta con l’ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2005.

F.to:

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 ottobre 2005.